Yes, darling. Life sucks

Learning how to cope since 1982

Diciamoci la verità: per il 99% del tempo abitare in una casa con sole donne è uno spasso. Puoi farti la ceretta sul tavolo della sala da pranzo mentre le altre cenano, stendere i mutandoni a vista senza paura di perdere quell'allure di sensualità che (si suppone) ti contraddistinguerebbe con un quantomai improbabile uomo - anche se mi rendo conto questa frase contiene troppe ipotesi perché possa avere una qualche fondatezza - puoi maledire tutti gli esseri di sesso maschile (animali inclusi) senza paura di offendere la sensibilità di qualcuno, e in definitiva vivere la tua esistenza come un eterno pigiama party in stile Beverly Hills 90210. Questo il 99% delle volte. Resta scoperto quell'1% in cui, nel giro di quarantott'ore, ti trovi a dover fronteggiare 1. l'ammutinamento di tutti gli elettrodomestici della casa 2. tutta un'altra serie di sfortunati eventi domestici 3. la tua incapacità di capire quale tipo di disagio psichico spinga una lavatrice a riversare ettolitri di schiuma sul pavimento o un forno a essere in grado di ridurre gli ossidi metallici e produrre ghisa ma non di cuocere uniformemente un ciambellone. O un asciugacapelli a scoppiarti in mano. O una caldaia a fare i gorgoglii di un neonato. 4. l' impossibilità di rapportarti serenamente con il dato di fatto che l' impianto idraulico di questo palazzo è costruito in modo tale che quando l'inquilino del piano di sopra tira lo scarico del wc, tutta la sua roba - ridotta a una melma purtrida dal malefico Sanitrit - passa nel tubo del nostro lavello della cucina, e metti caso ci sia un'ostruzione momentanea dei tubi, metti caso la valvola di non ritorno abbia smesso la sua funzione, per l'appunto, di non-ritorno (perché è così che ti chiami, maledetta valvola, vedi di non scordartelo di nuovo), metti pure caso che la guarnizione che teneva insieme i tubi sotto il lavello si sia usurata, metti caso succeda tutto questo, e tutto questo succeda ovviamente nello stesso istante in una congiuntura astrale tanto sfavorevole quanto rara, ti ritrovi la cucina inondata di quella roba di cui sopra e a sentirti la protagonista di una scena tagliata di Trainspotting perché troppo splatter persino per Danny Boyle. Ed in quel caso lì, mentre sguazzi con le ciabattine rosa in quella melma fetida, bè, direi che un uomo forse ti manca. Lì sì, per quanto il tempo men-free ti abbia un po' trasformata in una sorta di MacGyver con le tette, avverti la mancanza di un individuo che, alla assoluta e incontrovertibile figaggine, congiunga anche la capacità di comprendere l'intima psicologia degli apparecchi domestici.
E allora che fai? Andare ad abbordare uno per strada solo per chiedergli, al risveglio, di dare un'occhiata al forno, è uno sbattimento eccessivo, considerato che poi almeno un caffè glielo dovrai offrire e già starai stanca dalle acrobazie notturne; il fidanzato della Coinquilina Numero Uno è colto da repentina demenza e saltella felice nel letame come un bambino nelle pozzanghere senza rendersi di nessun aiuto, e l'Afflitta porta in casa solo uomini con seri problemi di tossicodipendenza (nel senso che non sanno più da che sostanza tossica dipendere) i quali si intrippano a sentire l'odore del gas proveniente dalla caldaia.
Quindi digiti istericamente il numero del Pronto Intervento Donne Single, ossia il tuo idraulico tutto fare di Wolverhampton (se non so' inglesi non li volemo), che guarda caso risponde al nome archetipico di Adam, il quale ti risponde al cellulare mentre guida sulla Spilamberto-Vignola e ti dice con accento angloemiliano che in meno di un'ora è lì da te, che è tutto ok - non è colpa tua - tu hai fatto il possibile e che vedrai che si metterà tutto per il meglio, devi solo dare tempo al tempo, prometto che ti starò vicino, insomma ti dice quelle cose che forse spettava dire a tuo padre o al tuo fidanzato molto tempo prima e la cui mancanza ha animato per mesi le conversazioni pomeridiane con il tuo psicanalista. E poi finalmente questo novello Adamo arriva, tu nel frattempo ti ingegni per guadare la palude Stigia nella tua cucina e gli prepari il pranzo, lui sistema quello che deve sistemare, disinfetta tutto, si disinfetta a sua volta e poi si siede e pranza. Due frasi sullo stato dei tubi e poi si sta muti. Fino alla fine del pranzo. Senza sforzo ti fa capire che per te gli equilibri che deve avere la tua relazione ideale sono sorprendentemente tradizionalisti: spetta ad Eva fare i danni e ad Adamo faticare per ripararli. Un retaggio della tua unica lezione di catechismo.

E poi, un bel giorno, succede. Dopo quasi dieci anni in cui a più riprese ti sei chiesta come sarebbe stato - l'ultima volta che era successo, eri china su un dizionario di greco a tradurre Demostene e non ti eri fermata a rifletterci su - quando ormai avevi già pronto il titolo del tuo primo bestseller, Never been single, e la scusa da rifilare all'editore per giustificare la scelta della lingua inglese nel titolo ("fa più chick-lit e l'Italia ha proprio bisogno di una Kinsella nazionalpopolare"), bè, proprio allora che avevi pronti i tuoi siparietti per le presentazioni alla Feltrinelli ("com'è non essere mai stata single? Fantastico, la mia doppia vita da serial killer va a gonfie vele ah ah"), giusto allora, ti ritrovi single. Ed è strano, strano perché non è affatto strano. Strano, perché i primi problemi che ti poni, sono quelli secondari, mica robe ontologiche del tipo come farò a sapere che esisto davvero se non ho qualcuno da scalciare la notte a darmene la riprova? qualcuno si accorgerà della mia morte o rimarrò sola anche in quel momento? come farò se mi troverò a fronteggiare un repentino desiderio di maternità senza uno straccio di uomo? con chi condividerò le piccole/grandi gioie/ansie (ok, va bene, le piccole gioie/grandi ansie) della vita?. No. Il primo quesito che ti poni, è di natura estetica, vale a dire: come farò a non ricadere nel cliché della single disperata? Ora, credo converremo tutti sul fatto che, quello di apparire un cliché, è un rischio del tutto collaterale quando 1.non sei più una teenager, 2.sei infelicemente infelicitante, 3. fatichi a tenere a freno la lingua, 4. non hai niente di concreto tra le mani, 5. ti senti addosso il peso di un matrimonio arrivato alle nozze di platino. E' un problema collaterale perché sei già un cliché: sei la zitella doc, l'archetipo della scapolona d'oro, una Carrie Bradshaw prima di Mr Big, con meno soldi e più chili. Consapevole di questo tuo invidiabilissimo status, cerchi di non peggiorare le cose, schivando quanto puoi i luoghi comuni man mano che ti si presentano. Mangiare il mais in piedi vicino al lavello direttamente dalla scatoletta fa troppo nevrotica stile woody allen; prepararti la cena e apparecchiare con cura per te sola fa troppo film francese; uscire, andare alla libreria coop e mangiare lì qualcosa leggendo Bagatelle per un massacro fa troppo radical-chic; andare in stazione e prendere un panino putrido dai distributori automatici e poi mangiartelo sulla banchina del binario fa troppo Noi i ragazzi dello zoo di Berlino; andare da McDonald e ordinare un'insalata al commesso brufoloso fa semplicemente tristezza. Capisci quindi che per qualche giorno puoi evitare di mangiare, pur di non diventare un cliché.
Ti tocca evitare un sacco di cose, se vuoi risparmiarti la via crucis di ogni rottura, gli errori quasi di prassi che seguono una separazione, ossia mitizzare il passato e demonizzare il futuro.
Presa la decisione - non importa per volere di chi - bisogna sistematicamente evitare di indorare i ricordi. Se siete di quei masochisti che non resistono alla tentazione di andare a sbirciare le foto dell'ultima vacanza o a rileggersi gli sms, fatelo pure, masticate quelle sensazioni dolorose, brasatevi pure nelle vostre lacrime. Ma quando avrete finito di sbrodolarvi, per favore, ricordate a voi stessi di quegli episodi spiacevoli che hanno avvelenato la vacanza, o quante delusioni avete vissuto a fronte di un messaggio carino. Smettetela di pensare alla storia finita come a un idillio bucolico che il caso ha voluto troncare. Non lasciate che il gesto di mettere da parte uno spazzolino da denti inneschi le cascate del Niagara. E' solo uno spazzolino. E in ogni caso, non fatevi sorprendere privi di Kleenex.
D'altro canto, non mitizzate il passato ma non demonizzate nemmeno il futuro, che - sono certissima - riserverà strabilianti sorprese (le storie di rimbalzo hanno una loro dignità, per quelle due orette che durano). Non ritornate sui vostri passi. Soprattutto, evitate i parrucchieri: quelle creature infide sanno cavalcare l'onda delle emozioni delle loro clienti. In un batter d'occhio vi troverete con una cresta stile Ultimo dei Mohicani e nessuna chance di un rebound.
Se una decisione è stata presa, probabilmente ci sono dei motivi, anche se al momento non li ricordate. Probabilmente motivi inerenti a una insoddisfazione, di uno, dell'altro, di entrambi. Un volere qualcosa di più, forse volere la luna, illudersi di poterla avere.
Ecco, quella non illudetevi di poterla avere. Però tenete presente che alla fine l'acqua su Marte l'hanno trovata.
E sì, prima che lo diciate voi, l'immagine è una figata.

S.:"Non riesco a sentir dire la parola certezza, senza poi dire Tonno Riomare"
K.:"Ah sì come lo spot! Come me, che quando ho una cotta per una donna, so già che non me la darà. E' una certezza".
S.:"Tonno Riomare"
K.:"Cazzo, sei uno spot vivente"

Quanto può durare una cotta? Lo status di "cotta" è argomento discusso (non frega a nessuno) e controverso (solo per la sottoscritta). Dicesi cotta, l'infatuazione estemporanea e istintiva per qualcuno/a che non si conosce bene, ma (già ce lo si vuol portare a letto) le cui caratteristiche per motivi ignoti (taglia di reggiseno/mascella volitiva) e variegati (taglia di reggiseno/mascella volitiva) risaltano a tal punto agli occhi dell'infatuato, da rendere quest'individuo unico nonostante la certezza (Tonno Riomare) che il mare (o almeno la boccia) sia piena di pesci.
Ora. La gestione della cotta è talmente complessa da farmi a motivo credere che nelle università, assieme a un indispensabile corso di "Fondamenti di Anatomia Femminile", sarebbe necessario introdurre anche un esame di "Management delle cotte e gestione del rischio". Ci sono diversi tipi di individui, quelli che hanno cotte ogni tre minuti (cioè, vedono un soggetto interessante e dicono di avere una cotta, poi però ne vedono un altro,e ne hanno un'altra, e alla fine della giornata per un fatto statistico riescono a trasformare la loro "cotta"quotidiana in una sfiziosa attività bruciagrassi), quelli che hanno una cotta per una persona e si definiscono "fidanzati" (questo avviene soprattutto quando si deve definire il proprio status su facebook e non si vuol far vedere che si è scapoloni impenitenti ancora dopo i 30, per cui ci si dichiara impegnati, creando lo scompiglio tra i propri contatti che iniziano a ricamare le iniziali sulla biancheria da corredo da regalare alle nozze) e quelli che hanno cotte che durano anni, mai concretizzate, platoniche, cotte a cui andrebbe data una pensione per anzianità, che tornano a ondate e che fanno da sfondo a relazioni anche stabili, cotte che se per caso dovessero subire un elettroshock, di tutto si scorderebbero, tranne del fatto di avere una cotta per quella persona. Cotte che si autoalimentano, che sono un riflesso condizionato, che se Pavlov fosse vivo, farebbe l'esperimento su di loro e non sul cane e stai pur certo che basterebbe pronunciare il nome del fortunato per vederli salivare.
La teoria del giorno è che comunque si decida di vivere la propria cotta, essa è sempre perversamente subordinata al non adempimento della stessa.
La cotta, per sua natura, è effimera, inafferabile, sfuggente, inconcreta, vincolata alla non realizzazione. Se ti va bene, e la concretizzi, la cotta finisce e si trasforma in altro, e quest'altro in altro ancora, e poi quest'altro ancora finisce, ed è come se non fosse successo niente . Se ti va male, la cotta finisce e ti resta la voglia di prendere a testate il muro perché ti sei giocato la possibilità di fantasticare su un tempo in cui sarai felice con quella persona, in cui trascorrerai le serate insieme a lei a leggere a letto, la sbircerai da dietro le pagine e ridacchierai pensando che forse era più di una cotta, e che anche se il mare è pieno di pesci, comunque tu almeno ce l'hai una certezza.
(tonno riomare)

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