Care amiche e amici, come fate voi a capire se una persona vi piace davvero? Scrivete su un pezzo di carta il vostro nome vicino al suo cognome e vedete se l'accoppiata suona bene? Cercate di capire a che livello di trituramento degli attributi può arrivare la vostra donna o siete di quelli più estemporanei, che affidano una scelta così importante alle farfalle nello stomaco?
Ebbene, io ho un metodo infallibile: penso ai figli.
Vale a dire, per capire se con quella persona ci può essere qualcosa di serio, devo:
1. riuscire a visualizzare l'immagine di me, lui, e la nostra famiglia -non meno di due pargoli- senza avere conati di vomito (questo dovrebbe rassicurarmi sul fatto che, almeno nel momento in cui formulo il pensiero, io reputi quella persona degna di trascorrerci l'esistenza);
2. riuscire a visualizzare i miei figli e trovarli di una bellezza disarmante (essendo figli miei) e di una intelligenza acuta (questo grazie all'apporto di lui), perché bisogna sempre migliorare la specie.
Solo superati questi test, per me ha senso continuare la relazione, altrimenti è una perdita di tempo. Ora, non è che io viva una storia solo in prospettiva di quello, nè per me l'uomo è un mero mezzo per riprodurmi sennò ne sceglierei uno a caso (non che sia facile, comunque) e la finirei lì: per quanto vi ami tutti, omìni miei, e vi trovi tutti stupendi, ci vuole quello giusto nel momento giusto, e se mai ci sarà, è bene che sappia da subito che, anche se di sfondo, il pensiero dei figli c'è stato, c'è e ci sarà, e si sostanzia non solo della condizione di mamma inside, ma del fatto che uno dei rapporti più appaganti che io abbia avuto in questi ultimi cinque anni, è quello con una folle cinquenne che porta il mio stesso nome e a cui oggi ho cercato di insegnare qualche frasetta in inglese col solo risultato, peraltro esilarante, di vederla trasformarsi sotto i miei occhi in una specie di Bruce Lee ("I want more" è diventato "I wanton" pron.aiuontòn, "How are you" - auaiù - con tanto di gesto da esperta karateka , dopodiché, ormai confusa anche sulla sua lingua madre, ha iniziato a chiamare il gatto "catto" e a piroettare su se stessa urlando "chan chan" anziché "ciao ciao").
Bene, passato il momento di tenerezza per Sunofyork jr (che pure, insieme al fratello maggiore di cui già parlai tempo fa, hanno dato un senso nuovo alla vita di questa famiglia), posso fare il mio pronunciaménto.
io, Sunofyork sr, nel pieno delle mie facoltà mentali (quelle che restano), in quanto madre in pectore, mi impegno solennemente a non: credere di meritarmi il nobel solo per aver partorito, non ritenere mio figlio/mia figlia di una intelligenza strabiliante rispetto agli altri bambini solo perché sa opporre il pollice all'indice, non rincoglionire la prole con cazzate tipo i teletubbies, non rincoglionirmi io stessa con cazzate tipo i teletubbies, non finire tutti gli omogeneizzati del pupo e i suoi biscotti plasmon, limitare al giusto le paroline puccipucci baubau, non farmi prendere dalla smania di coordinare gli abiti miei, del pargolo e del padre del pargolo, non confondergli le idee cercando di insegnargli la lingua inglese troppo presto, non viziarlo, non rivestire la casa di gommapiuma presa dall'ansia per gli spigoli vivi, non dimenticarmi di fare la ceretta solo perché ormai ho ottenuto quello che volevo, non accoppare la fidanzata/il fidanzato quando, quindicenne, la/lo porterà a casa.
Mi impegno invece a: raccontare storie finché non si addormenta, avere pazienza e abnegazione, dargli un senso della famiglia, ripararlo dai pericoli senza soffocarlo, portarlo a Rovaniemi alla città di Babbo Natale, fargli credere all'incanto delle fiabe più a lungo possibile.
No, in caso ve lo chiediate, non sono incinta e sì, mi rendo conto che con questo post erotico quanto una testata nei sacri gingilli, mi sto alienando ogni chance di trovare un uomo e di conseguenza avere dei figli, però quest'è, male che vada mi trasferisco in Spagna.
Ebbene, io ho un metodo infallibile: penso ai figli.
Vale a dire, per capire se con quella persona ci può essere qualcosa di serio, devo:
1. riuscire a visualizzare l'immagine di me, lui, e la nostra famiglia -non meno di due pargoli- senza avere conati di vomito (questo dovrebbe rassicurarmi sul fatto che, almeno nel momento in cui formulo il pensiero, io reputi quella persona degna di trascorrerci l'esistenza);
2. riuscire a visualizzare i miei figli e trovarli di una bellezza disarmante (essendo figli miei) e di una intelligenza acuta (questo grazie all'apporto di lui), perché bisogna sempre migliorare la specie.
Solo superati questi test, per me ha senso continuare la relazione, altrimenti è una perdita di tempo. Ora, non è che io viva una storia solo in prospettiva di quello, nè per me l'uomo è un mero mezzo per riprodurmi sennò ne sceglierei uno a caso (non che sia facile, comunque) e la finirei lì: per quanto vi ami tutti, omìni miei, e vi trovi tutti stupendi, ci vuole quello giusto nel momento giusto, e se mai ci sarà, è bene che sappia da subito che, anche se di sfondo, il pensiero dei figli c'è stato, c'è e ci sarà, e si sostanzia non solo della condizione di mamma inside, ma del fatto che uno dei rapporti più appaganti che io abbia avuto in questi ultimi cinque anni, è quello con una folle cinquenne che porta il mio stesso nome e a cui oggi ho cercato di insegnare qualche frasetta in inglese col solo risultato, peraltro esilarante, di vederla trasformarsi sotto i miei occhi in una specie di Bruce Lee ("I want more" è diventato "I wanton" pron.aiuontòn, "How are you" - auaiù - con tanto di gesto da esperta karateka , dopodiché, ormai confusa anche sulla sua lingua madre, ha iniziato a chiamare il gatto "catto" e a piroettare su se stessa urlando "chan chan" anziché "ciao ciao").
Bene, passato il momento di tenerezza per Sunofyork jr (che pure, insieme al fratello maggiore di cui già parlai tempo fa, hanno dato un senso nuovo alla vita di questa famiglia), posso fare il mio pronunciaménto.
io, Sunofyork sr, nel pieno delle mie facoltà mentali (quelle che restano), in quanto madre in pectore, mi impegno solennemente a non: credere di meritarmi il nobel solo per aver partorito, non ritenere mio figlio/mia figlia di una intelligenza strabiliante rispetto agli altri bambini solo perché sa opporre il pollice all'indice, non rincoglionire la prole con cazzate tipo i teletubbies, non rincoglionirmi io stessa con cazzate tipo i teletubbies, non finire tutti gli omogeneizzati del pupo e i suoi biscotti plasmon, limitare al giusto le paroline puccipucci baubau, non farmi prendere dalla smania di coordinare gli abiti miei, del pargolo e del padre del pargolo, non confondergli le idee cercando di insegnargli la lingua inglese troppo presto, non viziarlo, non rivestire la casa di gommapiuma presa dall'ansia per gli spigoli vivi, non dimenticarmi di fare la ceretta solo perché ormai ho ottenuto quello che volevo, non accoppare la fidanzata/il fidanzato quando, quindicenne, la/lo porterà a casa.
Mi impegno invece a: raccontare storie finché non si addormenta, avere pazienza e abnegazione, dargli un senso della famiglia, ripararlo dai pericoli senza soffocarlo, portarlo a Rovaniemi alla città di Babbo Natale, fargli credere all'incanto delle fiabe più a lungo possibile.
No, in caso ve lo chiediate, non sono incinta e sì, mi rendo conto che con questo post erotico quanto una testata nei sacri gingilli, mi sto alienando ogni chance di trovare un uomo e di conseguenza avere dei figli, però quest'è, male che vada mi trasferisco in Spagna.