Yes, darling. Life sucks

Learning how to cope since 1982

Ebbene, come vi ho detto, questi nove mesi ormai agli sgoccioli, sono serviti a me e al papà di A. principalmente a farci una cultura teorica sull'universo - bimbo.
Quello che abbiamo appreso, al netto di tutte le teorie bislacche e di tutte le concettualizzazioni idealistiche dell'universo-bimbo, è che essere genitori è soprattutto una grande lezione di concretezza, e dio solo sa se non ne abbiamo un gran bisogno.
Poche costruzioni mentali, ancor meno idealizzazioni e agire con serenità e buon senso.
La serenità e il buon senso che sicuramente ci mancheranno tra 4 giorni.

Per questo ho scritto un bignami delle nozioni apprese sui libri in questi nove mesi e l'ho pubblicato qui, sull'uscita settembrina di WU Magazine, per rendere un servizio utile a tutti ma in primis a noi due quando,  sommersi di pannolini e tutine sporche e schiavizzati da una neonata urlante che cerca di dettar legge sulle nostre vite, avremo bisogno di un compendio cartaceo su cui sbattere le teste.

Cara D.
come stai? Qui tutto bene a parte un po' di insonnia, per il resto siamo agli sgoccioli. Senti, non prendermi per matta se ti scrivo per farti una richiesta un po' stramba ma so che se c'è qualcuno che può avere ciò che fa al caso mio, sei tu. Ma che per caso tu ce l'avresti un vecchio cicciobello tra le cose che la Piera raccoglie per beneficienza? Non importa che sia mal messo. Va bene anche se gli manca un occhio o proprio la faccia. 
Non chiedermi perché mi serve, non vuoi saperlo davvero.
Baci,
Sun

Detto fatto, la cara D. mi ha preso in parola e, complici le inestinguibili risorse della madre, si è presentata ieri sera a casa nostra con due cicciobello, più un terzo pervenutoci da altre fonti, per un totale di non uno, non due ma ben tre cicciobello da me presto soprannominati per la loro inguardabile bruttezza, il Guercio, lo Sfregiato, il Monco, e in grado di coprire ogni tipologia di neonato: prematuro, normale e macrosomico. 

A questo punto, cara D., credo che il tuo mirabile impegno meriti una spiegazione.
Come ben sai, il futuro padre di A. è uomo sensibile, premuroso, acuto. Così acuto da essere perfettamente consapevole di poter discettare per ore della teoria del diritto di Kelsen ma di essere afflitto da un pressoché totale deficit di manualità. Ne è la riprova, il tragico episodio del montaggio della expedit del soggiorno con lui che scagliava martellate alla rinfusa in un delirio parossistico di oscenità e bestemmie irripetibili (giuro, ancora oggi guarda la mia amata libreria in cagnesco). D'altra parte, basta guardargli le mani, lisce, minute, delicate, con le unghie corte e curate come quelle di un papa. Le tipiche mani, insomma, di chi nella vita non ha mai fatto un c...o, ha sviluppato principalmente le proprie abilità a football manager il proprio lato teorico.
Lo stesso lato idealistico-teorico che ci ha spinto ad acquistare dei complicatissimi pannolini lavabili per svariate centinaia di euro per alleggerire il nostro impatto ambientale. Ebbene, l'ansia per la salute del pianeta, unita all'ansia che lui possa lussare le anche a nostra figlia al primo cambio di pannolino, ci ha spinto a formularti la bislacca richiesta, dopo aver girato per giorni in centri centri commerciali e dopo che lui ha scartato l'acquisto di bambolotti nuovi (49 euro un cicciobello? ma siamo matti?) e io quello di pelouche di Kermit la rana con la maglia della Juve e di Ugo la talpa in maglia interista (non posso spiegarti perché una rana non va bene per simulare un bebè ma, credimi, ci sono notevoli differenze).
Capisci quindi bene quanto grande sia la mia riconoscenza. Trascorreremo l'intero weekend a fare le prove, sperando che non ritenga necessario staccare entrambe le gambe ai pupazzi per mettere un pannolino.
Ti terrò aggiornata,
Sun.

14.9.12

Soon after midnight

Posted by SunOfYork |

Ora, tra i tanti piccoli e grandi fastidi che i nove mesi di gravidanza possono regalare a una donna, ce n'è uno di  cui io e tutti quelli che mi conoscono non pensavamo proprio avrei sofferto, e cioè l'insonnia (il tunnel carpale della gravida sì, ma l'insonnia proprio no). Voglio dire, io sono sempre stata una professionista del sonno estremamente metodica, non una di quelle che fanno le tre di notte il venerdì e poi si svegliano a ora di pranzo, che quello siamo buoni tutti - nossignore, io non ammetto proprio di fare le tre di notte, per me restare sveglia dopo la mezzanotte durante le uscite serali con gli amici è sempre stato uno strazio disumano, e non perché ho sempre avuto amici noiosi (anche se ora che ci penso...) ma perché il mio organismo si mette in modalità papalina e babbucce e non vuole più saperne di interagire con chicchessia. Persino a Capodanno aspetto come una liberazione il brindisi di mezzanotte perché così posso andarmene liberamente a dormire. Superata la soglia dell'una di notte, il sonno mi passa completamente e io mi ritrovo ad arrampicarmi sui muri come quei bambini troppo stanchi e ipereccitati per riuscire ad addormentarsi, cosa che va avanti praticamente fino al mio collasso nervoso. Per questo motivo, ho sempre cercato di dormire almeno sei ore ogni notte, sei ore piene e senza risvegli di nessun tipo, che come per magia, dall'inizio della gravidanza, si erano trasformate in nove ore notturne più un paio di ore di pennica pomeridiana. Insomma, una favola. Paperoga non so più quante volte ha dovuto svegliarmi al cinema perché stavo ronfando sui titoli di coda e scorazzarmi addormentata in giro per l'Emilia di ritorno da cene a Parma o Reggio. Di contro, lui, da buon insonne, non poteva certo venire a dormire con me alle dieci di sera, quindi, liquidatami con un bel bacio della buonanotte, rimaneva spanzato in divano affaccendato in chissà quali affascinanti attività (football manager sul mac mentre in tv danno il tennis? chat di argomento calcistico col fratello mentre si spara un documentario sui ghepardi su Nat Geo Wild?) per poi raggiungermi non prima dell'una di notte, espletare il suo rituale di addormentamento (leggere Topolino) e finalmente mettere a riposo quella capa iperattiva fino alle sette del mattino successivo. Il tutto mentre io dormivo un sonno così profondo da non accorgermi nemmeno delle sue imprecazioni se russavo troppo.
Poi è arrivato il nono mese, con il suo portato di vescica iperattiva e un numero di risvegli notturni mai inferiore alle tre/quattro volte. L'ultima delle quali, attorno alle 3.30 di notte, mi è ormai da quindici giorni a questa parte, fatale - mentre normalmente la trafila che seguo è questa: alla mia coscienza affiora quel tanto che basta a non svegliarmi il bisogno di dover andare in bagno, realizzo di avere entrambe le mani addormentate per via del tunnel carpale della donna gravida quindi mi crogiolo in pensieri illogicamente angoscianti del tipo che ne sarà della mia carriera da pianista (ma quale diavolo di carriera da pianista?) e della mia esecuzione del Rach 3 (eh????) se ora me le spezzo perché non le sento e faccio un movimento troppo brusco nel tentativo di risvegliarle e afferrare l'iPhone (Paperoga non riesce a dormire se non nel buio quasi totale) per illuminarmi la via verso il bagno? La storia della musica sarà segnata per sempre se non potrò raccogliere il testimone di Horowitz?, afferro l'iPhone, lo faccio cadere, smannaggio, lo raccolgo sbattendo la testa al comodino, arrivo in bagno, faccio quello che devo fare e torno a letto, il tutto senza essermi mai svegliata completamente.
Adesso tutto ciò non avviene più. Alle 3.30 gli occhi mi si aprono come due saracinesche spalancate su un nuovo giorno e in testa ho tutta la lucidità che avrei in qualsiasi momento della giornata (scarsa, dunque, ma sempre di più di quanta ne abbia di notte). Si tratta di una lucidità strana e resa vagamente nevrotica dalla vana permanenza a letto. Il risultato è che alle quattro, dopo essermi girata e rigirata mille volte infastidendo il papero, dopo avergli solleticato il naso con una ciocca di capelli e tirato qualche calcetto nella speranza di svegliarlo, sono in piedi e vago per la casa con un umore tra l'isterico, l'esaltato e il piagnucolone, preparandomi tisane calmanti, navigando sui forum in internet in cerca di cure omeopatiche per l'insonnia, spazzando pavimenti e riordinando scaffali, terminando romanzi su romanzi di Bufalino, Eugenides, Fante e innervosendomi ancora di più perché so già che l'indomani, quando mi lamenterò perché non ho dormito, chiunque -soprattutto gente coi figli- mi dirà ghignando la stessa profetica (ma comunque odiosissima) frase: bene, preparati, perché tra una settimana esatta sarà molto peggio di così.
E quindi rosico, mi innervosisco e mi sveglio ancora di più, giocandomi l'ultima chance di riaddormentarmi, ed è così, riversa sulla Poang, coi capelli dritti in testa, le occhiaie nere da tossica, più incarognita di Svevo Bandini e con la voce a pezzi dell'ultimo Dylan, che mi trova Paperoga al suo risveglio, ed è così che resto tutta la giornata. E poi ho pure il coraggio di chiedermi com'è che il poveretto non vuole venire a letto la sera?

Alla fine pare che siamo tornati dalle lunghe ferie pugliesi, dalle giornate trascorse a fare il morto nelle acque cristalline dello Ionio con il pancione finalmente privo di peso, dalle cene con gli amici di sempre nei paesini caposseliani del Capo. Siamo di nuovo a Bologna, a testimoniarlo il kit di venti pannolini acquistati in uno slancio ecologista e messi ad asciugare sullo stendino in attesa di iniziare ad essere utilizzati tra meno di due settimane, e le innumerevoli tutine accuratamente riposte nella cassettiera foderata di carta colorata.
A. sta arrivando e, dico io, ma non era ieri fine luglio, qualche giorno prima della partenza, quando io e il suo papà ci lanciavamo boccheggianti sul divano dopo cena, in una Bologna resa ostile dall'afa, ci guardavamo negli occhi e ci giuravamo con una certa trepidazione che per le successive settimane non avremmo alzato un dito e ci saremmo lasciati trattare da figli un po' viziati e cresciutelli dai nostri genitori? Non avevamo fatto il fioretto di avere come massima fonte di stress per il mese di agosto la scelta della spiaggia salentina  con l'acqua più limpida in base ai venti della giornata (tramontana si va sullo Ionio, scirocco si sta sull'Adriatico)? E allora come diavolo è che adesso ci troviamo di nuovo a Bologna a discutere con una commessa della validità del Tripp Trapp di Stokke o con un'anestesista dei benefici di una spinale vs generale?
A. sta arrivando, mancano meno di quindici giorni, come mi ricorda il countdown della mia migliore amica, e noi abbiamo già letto tutto quello che c'è da leggere sull'allattamento, lo svezzamento, l'addormentamento e la riduzione dell'impatto ambientale dei pannolini (sì, ci siamo fissati sull'argomento, ma sono pronta a scommettere che nel giro di un mese avremo lanciato dalla finestra le pie illusioni e riterremo giusto e sacrosanto se non auspicabile, il fatto che il mondo sprofondi sotto le tonnellate di pannolini di nostra figlia) ma in compenso il mio borsone per l'ospedale non è ancora pronto e chissà se lo sarà mai, o se lo sarò mai io, o se gli innumerevoli scatoloni in cantina prenderanno finalmente la  forma di una carrozzina, di un fasciatoio, di una bilancia pesa bambini e di un seggiolone verde mela che non c'entra nulla con l'arredamento della casa ma resta comunque indiscutibilmente figo.
A. sta arrivando e io posso immaginarmela quanto voglio, ma le uniche cose che so di lei sono che per motivi scientifici che scomodano personaggi come Mendel e termini come genotipo, omozigote, recessivo, avrà per forza gli occhi azzurri cone noi due, che è già una spilungona pazzesca come la mamma e una pigrona come il papà e si rifiuta di fare la benedetta capriola, che con la sua sola collezione di vestitini per i primi sei mesi ci ha già obbligati a dimezzare il nostro guardaroba per far spazio al suo, che scalcia fortissimo quando ascoltiamo i Beatles e che sarà accolta da un amore sconsiderato non solo da noi due, ma da una quantità di persone tale da far pensare che di questa A. potremmo non sapere nulla, ma avremmo comunque la certezza che sarà una bambina molto, molto fortunata.

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