E così il Nobel per la letteratura è andato a Herta Muller, scrittrice tedesca di origini romene, che ha sbaragliato la concorrenza di grandi nomi come (l'immancabile) Amos Oz, Vargas Llosa e Philip Roth. L'avevo conosciuta un annetto fa grazie al suo romanzo, Il paese delle prugne verdi, storia di quattro giovani intellettuali dissidenti nella Romania di Ceausescu, edito da Keller -un piccolo e attento editore trentino che pubblica pochi titoli all'anno, ma quelli che pubblica, sono veramente belli e curati in ogni aspetto- e che mi aveva colpito per la sua poesia straziante dentro un clima di oppressione e miseria collettiva.
Lo dico per vari motivi, innanzitutto perché aprire una piccola casa editrice è anche il mio sogno (e vuoi vedere che il 2010 non lo veda realizzarsi, eh, cara la mia socia?), e avere in catalogo un vincitore del Nobel i cui diritti ho pagato due lire è più di un semplice sogno, diciamo che per me è l'equivalente di un sogno erotico che vede me protagonista assoluta insieme a due adoranti e incredibilmente lascivi Javier Bardem e Filippo Timi. In secondo luogo perché così ho l'occasione di raccontarvi un problema simpaticissimo che mi affligge da un po' di tempo. Bene, che in Italia ci siano più scrittori che lettori ormai è un luogo comune più o meno comparabile con perle quali non ci sono più le mezze stagioni e si stava meglio quando si stava peggio. Il che però significa che, per essere diventati luoghi comuni, un fondo di verità ce l'avranno anche loro, no? Direi proprio di sì, visto la quantità di gente che ricorre ad editori a pagamento che chiedono cifre assurde e non si preoccupano nè di promuovere nè di distribuire il libro e a siti di self publishing (uno piuttosto noto reca come sottotitolo l'inquietante "Se l'hai scritto, va stampato". Ma anche no! direi io) pur di ottenere un briciolo di quel lustro che dovrebbe conferire l'aver scritto qualcosa. Ecco, io non so voi, ma per me le parole hanno sempre avuto un peso enorme sin da quando scrivevo i temi delle elementari, un peso che si fa tanto più titanico quanto più leggo libri come quello di Herta Muller, o di altri grandi scrittori. Il confronto con loro mi dà la giusta percezione di cosa meriti di essere pubblicato e letto e cosa no: ed è per questo che io, come molti altri di voi, ho un blog che mi basta e avanza, e nessuna velleità da scrittore "vero". E invece non per tutti è così.
Il bello, quando lavori nell'editoria, è che tutti quelli che sanno di che ti occupi (quindi sanno anche che conti meno di zero ma fanno finta di non saperlo) tentano di rifilarti le loro cose (per un parere, una revisione, un'idea, una spintarella verso la pubblicazione), perché tutti hanno scritto qualcosa nella loro vita e tutti sono fermamente intenzionati a ottenere i loro cinque minuti di gloria. Con le dovute eccezioni positive, per la maggioranza, ciò che passa per le mie mani sono opere di zie che nel '68 componevano poesie lisergiche, amici wannabe scrittori, amanti del fantasy -perdonatemi, ma per me il fantasy è una piaga sociale-, conoscenti con l'estro letterario di una cozza nuda, parenti che scrivono memoriali sui loro imbarazzanti trascorsi sessuali, l'apologia del cane buonanima del dirimpettaio, il postino che mi lascia nella cassetta della posta un manoscritto fantasiosamente intitolato "Il postino suona sempre tre volte" (infatti, già dopo la prima hai scassato la minchia) e per finire Lui, il mio medico curante bolognese.
Ecco, il mio medico è un quarantenne single che ha l'ambulatorio tre portoni più avanti del mio e l'aspetto dimesso e vagamente kafkiano (solo l'aspetto, purtroppo).
L'altro giorno ci sono andata per farmi fare l'impegnativa per un'escissione dei nei -tre o quattro, li togliamo in comitiva, visto che fortuna vuole che sia particolarmente predisposta a questo flagello di dio- e insomma, una chiacchiera tira l'altra, ma di dove sei di dove non sei, ma quanti anni hai, ma cosa fai cosa non fai.
Sun: "Lavoro nell'editoria, principalmente traduco"
Dottore: "Ma davvero, e vuoi fare questo per tutta la vita?"
Sun: "Sì, ma vorrei aprirmi una casa editrice mia"
Dottore: "Ma che bello! Che coincidenza! Chiamami pure Marco!"
Sun, in preda a smottamento inguinale: "Perché coincidenza, dott. Marco?"
Doc, tirando fuori da un cassetto un enorme plico polveroso di fogli ingialliti con su una scrittura minutissima e fitta fitta: "Ho giusto qui una prosa poetica dedicata alla mia defunta madre, lo troverai di lettura un po' ostica, ma confido nella raffinatezza dei tuoi gusti e nella tua benevolenza".
E io che dovevo fare? Gli ho detto che ero già sommersa di fogli per casa ma quello mi ha chiesto la mail, dicendomi che doveva avere anche un pdf, e io non ho potuto non dargliela.
In tutto ciò, preso com'era a parlarmi della sua opera straordinaria, ha sbagliato a compilare l'impegnativa.
E vabbè, mi consolerò pensando che magari potrebbe essere un futuro Nobel della letteratura e trovarsi nel mio catalogo.
Avanti, coraggio, quanti di voi hanno un manoscritto nel cassetto e pensano di potermi far diventare un ricco editore?
Lo dico per vari motivi, innanzitutto perché aprire una piccola casa editrice è anche il mio sogno (e vuoi vedere che il 2010 non lo veda realizzarsi, eh, cara la mia socia?), e avere in catalogo un vincitore del Nobel i cui diritti ho pagato due lire è più di un semplice sogno, diciamo che per me è l'equivalente di un sogno erotico che vede me protagonista assoluta insieme a due adoranti e incredibilmente lascivi Javier Bardem e Filippo Timi. In secondo luogo perché così ho l'occasione di raccontarvi un problema simpaticissimo che mi affligge da un po' di tempo. Bene, che in Italia ci siano più scrittori che lettori ormai è un luogo comune più o meno comparabile con perle quali non ci sono più le mezze stagioni e si stava meglio quando si stava peggio. Il che però significa che, per essere diventati luoghi comuni, un fondo di verità ce l'avranno anche loro, no? Direi proprio di sì, visto la quantità di gente che ricorre ad editori a pagamento che chiedono cifre assurde e non si preoccupano nè di promuovere nè di distribuire il libro e a siti di self publishing (uno piuttosto noto reca come sottotitolo l'inquietante "Se l'hai scritto, va stampato". Ma anche no! direi io) pur di ottenere un briciolo di quel lustro che dovrebbe conferire l'aver scritto qualcosa. Ecco, io non so voi, ma per me le parole hanno sempre avuto un peso enorme sin da quando scrivevo i temi delle elementari, un peso che si fa tanto più titanico quanto più leggo libri come quello di Herta Muller, o di altri grandi scrittori. Il confronto con loro mi dà la giusta percezione di cosa meriti di essere pubblicato e letto e cosa no: ed è per questo che io, come molti altri di voi, ho un blog che mi basta e avanza, e nessuna velleità da scrittore "vero". E invece non per tutti è così.
Il bello, quando lavori nell'editoria, è che tutti quelli che sanno di che ti occupi (quindi sanno anche che conti meno di zero ma fanno finta di non saperlo) tentano di rifilarti le loro cose (per un parere, una revisione, un'idea, una spintarella verso la pubblicazione), perché tutti hanno scritto qualcosa nella loro vita e tutti sono fermamente intenzionati a ottenere i loro cinque minuti di gloria. Con le dovute eccezioni positive, per la maggioranza, ciò che passa per le mie mani sono opere di zie che nel '68 componevano poesie lisergiche, amici wannabe scrittori, amanti del fantasy -perdonatemi, ma per me il fantasy è una piaga sociale-, conoscenti con l'estro letterario di una cozza nuda, parenti che scrivono memoriali sui loro imbarazzanti trascorsi sessuali, l'apologia del cane buonanima del dirimpettaio, il postino che mi lascia nella cassetta della posta un manoscritto fantasiosamente intitolato "Il postino suona sempre tre volte" (infatti, già dopo la prima hai scassato la minchia) e per finire Lui, il mio medico curante bolognese.
Ecco, il mio medico è un quarantenne single che ha l'ambulatorio tre portoni più avanti del mio e l'aspetto dimesso e vagamente kafkiano (solo l'aspetto, purtroppo).
L'altro giorno ci sono andata per farmi fare l'impegnativa per un'escissione dei nei -tre o quattro, li togliamo in comitiva, visto che fortuna vuole che sia particolarmente predisposta a questo flagello di dio- e insomma, una chiacchiera tira l'altra, ma di dove sei di dove non sei, ma quanti anni hai, ma cosa fai cosa non fai.
Sun: "Lavoro nell'editoria, principalmente traduco"
Dottore: "Ma davvero, e vuoi fare questo per tutta la vita?"
Sun: "Sì, ma vorrei aprirmi una casa editrice mia"
Dottore: "Ma che bello! Che coincidenza! Chiamami pure Marco!"
Sun, in preda a smottamento inguinale: "Perché coincidenza, dott. Marco?"
Doc, tirando fuori da un cassetto un enorme plico polveroso di fogli ingialliti con su una scrittura minutissima e fitta fitta: "Ho giusto qui una prosa poetica dedicata alla mia defunta madre, lo troverai di lettura un po' ostica, ma confido nella raffinatezza dei tuoi gusti e nella tua benevolenza".
E io che dovevo fare? Gli ho detto che ero già sommersa di fogli per casa ma quello mi ha chiesto la mail, dicendomi che doveva avere anche un pdf, e io non ho potuto non dargliela.
In tutto ciò, preso com'era a parlarmi della sua opera straordinaria, ha sbagliato a compilare l'impegnativa.
E vabbè, mi consolerò pensando che magari potrebbe essere un futuro Nobel della letteratura e trovarsi nel mio catalogo.
Avanti, coraggio, quanti di voi hanno un manoscritto nel cassetto e pensano di potermi far diventare un ricco editore?
39 comments:
io, ma ne mancano 2/5. Bisogna pazientare.
Eh, gli aspiranti scrittori che nel frattempo s'accontentano di un blog, che tristezza...
non io, ho ancora tanto tanto da leggere prima.
Ovviamente io, poassiamo trasformare il blog in un libro e poi pubblicare sotto pseudonimo famtamisterioso le altre robe serie che scrivo :)
io ce l'avevo, un racconto di fantascienza, ma poi l'ho bruciato in un attacco di buonsenso...
comunque, quando sarò in procinto di diventare ricca e famosa, penserò a te come mia editrice ;)
Io non ho un libro nel cassetto, ma conosco Baol.
P.S.
Cara la mia futura editrice, quando parli di medici od idraulici, la prossima volta cerca di evitare espressioni del tipo: "non ho potuto fare a meno di on dargliela".
P.P.S.
Lo so che l'hai messa apposta per vedere chi sarebbe stato il fesso a dirlo per primo.Ora che ho vinto mi pubblichi il libro?
io inizio a scrivere storie e abbandono da quando ho 14 anni. ho capito che c'è di meglio da leggere in giro, grazie a dio, e vaneggio sul mio blog. in tutto ciò, ci sono libri che vengono pubblicati e uno si chiede "perchè?".
spero davvero che tu riesca a realizzare il tuo sogno ;)
@prefe: coraggio prefe, concludiamo entro il 2010, eh?
@prepuzio: non saprei, ci sono sicuramente blogger che potrebbero scrivere libri (e alcuni lo fanno), e altri che non potrebbero mai nella vita, ma questo vale per tutti, non solo per i blogger. l'importante è capire se si è in grado o meno, conoscere i propri limiti, poi se nel frattempo ci si vuole aprire un blog, amen.
@nonsisamai: ok, puoi farmi diventare ricca in qualche altro modo? :-)
@punzy: ok, possiamo usare come pseudonimo fantamisterioso ALESSANDRO BARICCO? :-P
@serola: grazie serola, fai presto :-)
@pozione: e ti proponi come suo agente, fammi capire?
P.S. a dire il vero non avevo dubbi su chi sarebbe stato il primo...
@sciroccata: e devo dire che sul tuo blog vaneggi davvero in maniera piacevole, almeno per me.
incrocio le dita e vi terrò aggiornati :)
sun
ci accontentiamo.
direi che questa e` la chiave.
che non apre pero`.
Un uomo che scrive un tomo sulla sua defunta madre non può che essere uno psicopatico, vedi Criminal Minds.
Io ho tonnellate di libri nel cassetto, ma fortunatamente non scritti da me e per questo vado ringraziata :)
Cmq ci terrei a precisare che anche io conosco Baol.
Potrei offrirmi come manovalanza per la tua casa editrice, spazzo i pavimenti e porto il caffè; certo, sarebbe il top se potessi fare l'assistente tipo IL DIAVOLO VESTE PRADA, ma mi rendo conto che è solo una mia perversione. :)
P.S. Ma stai andando a correre per le vie di Bologna?
daie!!
che di gente attenta e lucida ce ne vuoleeee!!
In bocca al lupo editore!
e quando sarai ricca e famosa, ricordati degli amici di blog...
:)
Non ho mai capito tutta questa voglia che c'è in giro di vedersi pubblicato qualcosa, a essere sincero. Trovo molto rassicurante l'ambiente virtuale, meno impegnativo e più divertente.
Ho scritto diversi articoli e piccoli saggi per riviste specializzate (sport per lavoro, cinema e fantascienza per passione), ed è stato un incubo ogni volta. Ansia da sintassi, insicurezza da grammatica, paranoia da consecutio temporum, terrore di perdersi una secondaria per strada. E riletture schizofreniche, venti minuti prima della scadenza dell'invio al correttore di bozze, alla ricerca di qualche stronza D eufonica messa male.
No no, non toglietemi il tasto "edit".
Ehi, no, non funziona così! _Prima_ tu apri una casa editrice, e _poi_ io scrivo un libro. E' faticoso, sai, non mi va di farlo senza garanzie. Comunque non proccuparti per l'anticipo, un accordo lo troveremo certamente.
Danilo
Io veramente ce l'avrei davvero un romanzo fatto e finito, di circa 230 pagine e tutto, ma lo pubblicherei solo con una casa editrice che mi possa garantire alcune cose. Insomma non mi interessa pubblicarlo per distribuirlo ad amici e parenti, anche perchè non ho purtroppo molti e amici e non ho per fortuna molti parenti. Se ti interessa, quindi, cara la mia Sun, bussa tu alla mia porta...
;-)
mi pareva di averlo già scritto ma non compare il commento, comunque: scrivere un libro mi sembra un tale atto di presunzione e velleitarismo la cui sola idea mi atterrisce. e comunque la mia pigrizia sesquipedale è un ottimo contraccettivo contro ogni "art-attack"...
Il mio piano era quello di diventare ricco con la professione notarile e poi sputtanarmi tutti i soldi per diventare famoso, corrompendo recensori e pubblicitari per dichiarare il mio libro la perla del secolo.
Il punto è che dopo il quarto capitolo ho capito che ho bisogno di almeno un mese dedicato solo a quello per poter scrivere bene un libro, quindi dovrò posticipare la scrittura a data da definirsi.
Piuttosto sono interessato al lavoro da traduttore (arriva la seconda domanda del secolo, lo sai). Come ci si arriva a tradurre per una casa editrice e (seconda domanda) se presento la traduzione di un libro quante possibilità ci sono che la casa editrice (per quanto interessata al libro) mi prenda a pedate?
p.s.: Concordo con Spinoza, un uomo che scrive poesie dedicate alla defunta madre è uno psicopatico, vedi anche Norman Bates di Psycho...
ho giustogiusto un plico di cartaccia che l'altro giorno sono arrivato a tre secondi dal buttare...ti faccio un pacco regalo!?
"tutti hanno scritto qualcosa nella loro vita"
Io eccedo, nel senso di eccezione (giusto per usare in maniera fantasiosa l'italiano).
A parte il blog, chiaramente, ma non conta come scrittura.
Già dai tempi dei temi alle medie, e la cosa s'è poi confermata alle superiori, mi si accusava di essere troppo stringata. E le volte che provavo a dilungarmi anbdavo fuori tema.
Cosa si può fare in questo caso? Leggere, invece di scrivere, che è sempre un piacere.
Personalmente, trovo bizzarro che quasi nessuno consideri lo scrivere, semplicemente, fine a se stesso.
Certo, come ogni attività umana, dalla laurea alla gara di sputo, anche lo scrivere può essere usato in funzione di accredito di status sociale. Ma non è l'unica funzione possibile.
Quando ci sono delle cose che mi urlano nella testa, a volte le scrivo, e quelle smettono di urlare. Anche senza essere lette. Senza nessun bisogno di essere lette.
(Mi si scusi la parentesi seriosa)
Danilo
oh beh lo sai sun, ti farò pubblicare il mio manoscritto inedito incompleto quando sarò passato a miglior vita.
molto romatico
(parola di verifica hastrat, che sembra un po' abstract, storia di un destino in sintesi)
mi sa che intanto comincio a leggermi il libro della Muller, se poi qualcuno dei tuoi aspiranti scrittori vedrà pubblicato il suo libro dalla tua futura casa editrice, fammi sapere... magari non quello del tuo dottore ;)
io sto scrivendo una sceneggiatura che è una figata.
però devo trovare il finale giusto perché ancora non mi convince.
te la mando?
anche in pdf, se vuoi.
Sun tesoro, carissima, amica mia adorata!!!!
In realtà non ho nessun manoscritto nascosto in un polveroso cassetto, ma ho sempre accarezzato l'idea di mettere su una piccola casa editrice. Ciò che mi ha fermata è l'amara consapevolezza che è un'impresa (nel 99% dei casi) a perdere (puoi fare tutti gli scongiuri che preferisci).
Ma se ti serve una terza socia fai un fischio!
Ariecchime.
Volevo solo specificare che non volevo tirartela in nessun modo. Ci mancherebbe! O_o
Ma visto che in Italia tutti scrivono e nessuno legge immagino che far sopravvivere una casa editrice non sia una passeggiata di salute. Aprire un'attività del genere è una scelta coraggiosa (io sono notoriamente una cagasotto) che nasce sicuramente da una grande passione. In bocca al lupo!
Secondo mio bisnonno Jimmy, prima di aprirsi una casa editrice, conviene attrezzarsi di un fucile. "In most cases," spiegava, "it's about editing the writers, not the work; that way they can't write any more shit."
Nel 1978 Jimmy è stato multato da una corte a Liverpool "for terminally editing a series of aspiring romance writers".
quando avevo 11 anni ho scritto una piece teatrale ispirata a "La signora in giallo", vale?
secondo me però avrebbe del potenziale editoriale, che ne dici? ti lascio la mia mail?
poi ho aperto il blog sperando di rimorchiare, ma evidentemente il mio annoso problema con la punteggiatura e l'ortografia ha inficiato il risultato sperato. peccato.
p.s.: se apri la casa editrice e hai bisogno di una segretaria: ECCHIME.
(come correttrice di bozze non valgo una mazza, si nota?)
Io il piccolo editore pazzo (che sono in due poi) che mi ha fatto un contratto sulla base di 5 pagine scritte in un rigurgito notturno e un indice - poi completamente cambiato) e mi ha pure pubblicato, ma è romano, non trentino. Vale uguale?
Un peana a tutti i piccoli editori coraggiosi, che se non ci fossero loro questi futuri premi Nobel chi li scoprirebbe?
la cortese richiesta "ti va di leggere quello che ho scritto?" arriva periodicamente anche ai laureati in lettere. cosa li renda per antonomasia lettori professionisti non l'ho mai capito, ma, dal momento che capitò anche a me di prendere questa laurea, mi è stata chiesta un'opinione da pseudo-scrittori di ogni genere.
di norma, comunque, se azzardi una mezza critica, da saggio diventi di colpo un incompetente, uno che non capisce niente, uno cui non varrebbe la pena chiedere il parere su nulla. prova (magari però non col medico, ché lui in futuro potrebbe servirti)
Eh no, non ci siamo proprio.
Per Javier e Filippo potrei uccidere e dar fuoco alle case editrici.
Per Poi scrivere la mia storia in carcere facendola diventare un best seller.
Mamma mia che ciccia Javier e Filippo a letto insieme. Con me.
Io il manoscritto nel cassetto ce l'ho. Anzi ne ho molti. Li ho anche tirati fuori e mandati a mille editori. Poi li ho rimessi nel cassetto. A volte metto qualcosa sul blog. E non lo trovo sgradevole ne triste. Probabilmente perchè sono velleitario e presuntuoso. Ed è maledettamente divertente.
@seditionary: e non c'è niente di male nel tentare, infatti. non ho mai letto niente di tuo, quindi non posso fare un discorso personale. però un discorso generale sì, e suona più o meno così: l'importante è essere oggettivi nel riconoscere i propri limiti, poi, se uno vuole pubblicare stralci di ciò che ha scritto sul proprio blog, a me va benissimo.
così come mi vanno bene i blogger che pubblicano libri (alcuni sono splendidi, vedi chinaski o hotel messico). a me se c'è la qualità va bene tutto, insomma.
sun
Davvero pensi che Ristorantopoli valga qualcosa?
Voglio dire, chinaski è un genio, non discuto, ma non è che se un genio, per hobby, scava buche col piccone, quelle diventano opere d'arte, secondo me.
Danilo
E dove sta scritto che voglio vedere pubblicate solo opere d'arte?
Il 90% dei romanzi che escono attualmente non sono opere rivoluzionarie o geniali. Che dovremmo fare, pubblicare 3 titoli l'anno? Sai che non ho questa idea "alta" della letteratura.
Comunque sì che penso che Ristorantopoli valga qualcosa. Vale più di qualcosa, secondo me. Chinaski, a parte allietarmi le giornate (e già per questo merita il paradiso), sa andare a fondo con l'arma dell'ironia senza per questo crogiolarsi nel "mestiere". E' qualcosa che gli viene totalmente naturale e in cui non si avverte nessuna macchinosità, per questo per me leggerlo è sempre un piacere.
sun
Anche a me chinaski allieta le giornate. Apro ogni fottuto giorno il suo blog. E trovo che post come "Tutto ok a parte le ruote" andrebbero inseriti nel programma di educazione civile al posto della costituzione.
Eppure, fra le bariste del bar locale, _una_ è una barista. Poi c'è una laurea breve in psicologia, una neolaureata in architettura e una laureanda in archeologia che parla di S.J.Gould con familiarità.
Voglio dire, va bene la brillantezza, ma la gente non è gente, son persone, ognuna diversa. E mi sono sentito offeso per loro, a volte, leggendo il libro del nostro.
Danilo
ho solo il cassetto, magari lo piazzo bene...
L'oggettività in effetti me l'aspetto dagli altri. io scrivo solo perchè ne sento l'urgenza. E poi sto bene perchè le storie che racconto le lascio libere di fluttuare in un cassetto che lascio costantemente aperto. Per tutti coloro che vogliono dare un'occhiata. Anche per te, se ne hai voglia.
e se mi unissi alla cooperativa degli editori? non scherzo, sto studiando per questo :)
@seditionary: e se hai l'urgenza, fai assolutamente bene a scrivere. il punto è il fine a cui lo si fa, ecco tutto.
ad ogni modo verrò sicuramente a leggerti
@ghirigori: ma cosa studi? noi a livello di società abbiamo deciso per una cosa a due sulla base di un innamoramento intellettuale tra me e la mia socia, però ovviamente avremo bisogno di collaboratori. cmq ti lascio il mio indirizzo email
nowthewinter@gmail.com
sun
Post a Comment