Erano gli anni in cui io e l'amico K. si faceva tardi a parlare nelle notti stellate, ci si rifugiava in birrerie altoatesine e si duettava pianoforte-chitarra sulle note di Blank Page e For Martha. Erano gli anni in cui l'amico K. si buttava a capofitto nel cantautorato e mi dedicava straordinarie canzoni, una delle quali recava lo splendido titolo di "L'impossibilità della felicità" e sono certa un giorno diventerà una hit. Il testo, degno del miglior Brassens, è scolpito nella mia memoria e recitava più o meno così: è per l'uomo amato/il giorno troppo breve/amare dà felicità (acuto)/ è per l'uomo triste/il giorno troppo lungo/ soffrire dà infelicità (altro acuto), e così via, e vabbè, l'ultimo emistichio a livello logico non fa una grinza, soffrire procura davvero infelicità (ma va?), sul fatto che amare dia felicità, invece, avrei i miei dubbi ma all'epoca si era young and foolish (and now we're full of tears) e quindi un po' di ingenuità ci poteva stare.
Erano gli anni in cui io e K. saltavamo su gelidi espressi per raggiungere un'innevata Genova e trascorrere il capodanno in barca con amici. Erano anche gli anni in cui all'amico K. potevano venire in mente brillanti idee del tipo "dai, visto che siamo pugliesi e ci stanno ospitando così carinamente, perché non prepariamo i panzerotti* per tutti? Prometto che faccio tutto io, tu mi aiuti soltanto a stendere la massa".
Ora, come già ho detto secoli fa, l'uomo in cucina o fa un gran casino utilizzando il triplo delle stoviglie necessarie alla preparazione del piatto, oppure si limita a dare direttive alla povera crista di turno e a prendersi tutto il merito. Bene, K. appartiene alla seconda specie, quella degli "uomini di concetto". E infatti in quell'occasione, il massimo dell'aiuto (pratico, perché invece l'apporto teorico da ingegnere informatico fu rilevante nel determinare il tasso di crescita esponenziale della mia rabbia) che ottenni da K., fu quello di vederlo sollevarmi le maniche della camicetta che, nell'impastare chili e chili di farina, si stavano inzaccherando, mentre il genio discettava coi suoi amici dello spessore ottimale della massa e del grado di umidità del ripieno. E vi dirò di più, non mi fu nemmeno di grande aiuto nella frittura, tant'è, che distrattami un attimo per rivolgergli uno sguardo carico d'odio, calai il dito indice nell'olio bollente. Solo quando, con gli occhi pieni di lacrime, gli chiesi di continuare lui a friggere, con la sua atavica lentezza, indossò il grembiule e mi lasciò andare in bagno, dove scoppiai in un pianto convulso con tanto di urla, strepiti e battiti di piedi modello bambina di cinque anni arrabbiata perché si è fatta male in modo stupido, dopodiché uscii col dito indice ormai privo di impronte digitali, mi diressi in camera e lì mi accasciai sul letto svenuta, il tutto mentre K. dava vita alla famosa leggenda "sul giorno in cui impastò da solo due chili (un decimo del suo stesso peso, in pratica) di massa e preparò panzerotti per 10 persone mentre Sun dormiva beatamente in camera".
(per i non pugliesi, il panzerotto sarebbe un calzone, massa richiusa a forma di mezza luna con dentro mozzarella e pomodoro e fritta in olio bollente, comunque potete sempre passare da via broccaindosso, seguire la scia e venirli ad assaggiare da me, soprattutto se siete trentenni ricchi di fascino).
Erano gli anni in cui io e K. saltavamo su gelidi espressi per raggiungere un'innevata Genova e trascorrere il capodanno in barca con amici. Erano anche gli anni in cui all'amico K. potevano venire in mente brillanti idee del tipo "dai, visto che siamo pugliesi e ci stanno ospitando così carinamente, perché non prepariamo i panzerotti* per tutti? Prometto che faccio tutto io, tu mi aiuti soltanto a stendere la massa".
Ora, come già ho detto secoli fa, l'uomo in cucina o fa un gran casino utilizzando il triplo delle stoviglie necessarie alla preparazione del piatto, oppure si limita a dare direttive alla povera crista di turno e a prendersi tutto il merito. Bene, K. appartiene alla seconda specie, quella degli "uomini di concetto". E infatti in quell'occasione, il massimo dell'aiuto (pratico, perché invece l'apporto teorico da ingegnere informatico fu rilevante nel determinare il tasso di crescita esponenziale della mia rabbia) che ottenni da K., fu quello di vederlo sollevarmi le maniche della camicetta che, nell'impastare chili e chili di farina, si stavano inzaccherando, mentre il genio discettava coi suoi amici dello spessore ottimale della massa e del grado di umidità del ripieno. E vi dirò di più, non mi fu nemmeno di grande aiuto nella frittura, tant'è, che distrattami un attimo per rivolgergli uno sguardo carico d'odio, calai il dito indice nell'olio bollente. Solo quando, con gli occhi pieni di lacrime, gli chiesi di continuare lui a friggere, con la sua atavica lentezza, indossò il grembiule e mi lasciò andare in bagno, dove scoppiai in un pianto convulso con tanto di urla, strepiti e battiti di piedi modello bambina di cinque anni arrabbiata perché si è fatta male in modo stupido, dopodiché uscii col dito indice ormai privo di impronte digitali, mi diressi in camera e lì mi accasciai sul letto svenuta, il tutto mentre K. dava vita alla famosa leggenda "sul giorno in cui impastò da solo due chili (un decimo del suo stesso peso, in pratica) di massa e preparò panzerotti per 10 persone mentre Sun dormiva beatamente in camera".
(per i non pugliesi, il panzerotto sarebbe un calzone, massa richiusa a forma di mezza luna con dentro mozzarella e pomodoro e fritta in olio bollente, comunque potete sempre passare da via broccaindosso, seguire la scia e venirli ad assaggiare da me, soprattutto se siete trentenni ricchi di fascino).