Al mondo, ci sono almeno due Massimo Vitali. Uno è un fotografo famoso con la fissa per le spiagge, l'altro è amico mio. Al mondo, però, di Massimo Vitali in grado di fare frittate che sembrano frisbee, di obbligarti a salire in moto, di sorridere contagioso, di entusiasmarsi per Fausto Leali, di minacciare uno striptease prima di cena e di scrivere libri come L'amore non si dice, ce n'è solo uno ed è il secondo, e questa blogger qui, oggi, è un po' commossa all'idea di essere stata presente alla gestazione di questo libro.
L'amore non si dice, in uscita oggi per Fernandel, con prefazione di Alessandro Bergonzoni e postfazione di Grazia Verasani, è una raccolta di lettere d'amore che non parlano d'amore, perché Teresa, la donna a cui sono indirizzate, stufa di tanta melassa e dotata di un cuore di pietra, ha chiesto al mittente di parlarle di tutto, fuorché d'amore.
E quindi il povero Edoardo si ingegna come può, mette su un epistolario in absentia, accetta il silenzio di lei, e le scrive di ricette, di alberi, del lavoro, di Dio e persino di Elvis, pur di non dirle quelle due parole. Che però fanno capolino tra quelle carte da decifrare senza mai essere dichiarate, ora giocose e opalescenti come bolle di sapone, ora decisamente più malinconiche, quando il profilo dell'amata diventa labile e la mancanza si fa sentire.
Ma Edoardo non è uno che si scoraggia facilmente: come un Werther sgangherato, continua a scrivere le sue lettere una dopo l'altra, e a te non resta che biasimare Teresa per la sua scarsa lungimiranza e la sua incapacità di corrispondere sentimenti tanto delicati, mentre nel frattempo quelle parole che rimbalzano leggere contro un muro arrivano dritte dritte a sollevarti gli angoli del sorriso.
Un libro non dissimile dal suo autore, buffo e strampalato ma con una vena di sensibilità profonda, capace di regalarti una leggerezza sghemba che racconta di volumetti di Calvino, Queneau, Vian e Rodari recuperati in punta di piedi dalle mensole alte, di canzoni di Capossela e Conte e Dalla ascoltate sul divano, e che consiglierei a tutte le donne che non credono più al romanticismo maschile, ma anche a tutti gli uomini che non sanno trovare le parole giuste per conquistare una donna.
Basterà una di queste lettere a garantirvi il successo con la vostra lei.
(A patto che la vostra lei non sia Teresa.)
L'amore non si dice, in uscita oggi per Fernandel, con prefazione di Alessandro Bergonzoni e postfazione di Grazia Verasani, è una raccolta di lettere d'amore che non parlano d'amore, perché Teresa, la donna a cui sono indirizzate, stufa di tanta melassa e dotata di un cuore di pietra, ha chiesto al mittente di parlarle di tutto, fuorché d'amore.
E quindi il povero Edoardo si ingegna come può, mette su un epistolario in absentia, accetta il silenzio di lei, e le scrive di ricette, di alberi, del lavoro, di Dio e persino di Elvis, pur di non dirle quelle due parole. Che però fanno capolino tra quelle carte da decifrare senza mai essere dichiarate, ora giocose e opalescenti come bolle di sapone, ora decisamente più malinconiche, quando il profilo dell'amata diventa labile e la mancanza si fa sentire.
Ma Edoardo non è uno che si scoraggia facilmente: come un Werther sgangherato, continua a scrivere le sue lettere una dopo l'altra, e a te non resta che biasimare Teresa per la sua scarsa lungimiranza e la sua incapacità di corrispondere sentimenti tanto delicati, mentre nel frattempo quelle parole che rimbalzano leggere contro un muro arrivano dritte dritte a sollevarti gli angoli del sorriso.
Un libro non dissimile dal suo autore, buffo e strampalato ma con una vena di sensibilità profonda, capace di regalarti una leggerezza sghemba che racconta di volumetti di Calvino, Queneau, Vian e Rodari recuperati in punta di piedi dalle mensole alte, di canzoni di Capossela e Conte e Dalla ascoltate sul divano, e che consiglierei a tutte le donne che non credono più al romanticismo maschile, ma anche a tutti gli uomini che non sanno trovare le parole giuste per conquistare una donna.
Basterà una di queste lettere a garantirvi il successo con la vostra lei.
(A patto che la vostra lei non sia Teresa.)