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Allora, io ho capito una cosa: a un certo punto, nella vita adulta, è inutile che io neghi che nella mia persona c'è -perché c'è- un tasso variabile di pazzia e che questa variabile resti al di sotto dei livelli di guardia nella maggior parte dell'arco del mese, e che invece tenda a creare degli asintoti 1. nei giorni di sindrome premestruale o 2. nei momenti di maggiore stress psicoaffettivolavorativo
(il che, a pensarci bene, nega quanto detto prima, essendo i momenti di maggiore stress psicoaffettivolavorativo una costante per almeno 25 giorni al mese - come può essere una costante un concetto non assoluto come "maggiore di"? Quello che è costante, è la certezza che ogni giorno sarà peggiore del primo, quanto a stress, non il tasso stesso di stress, cari gigioni miei), raggiungendo soglie ben oltre il catastrofico quanto i punti uno e due avvengono nello stesso istante.
Ora, l'unico modo per disinnescarmi, in quei momenti lì, è: o procurarmi molto dolore fisico (come ho fatto nello scorso weekend al concerto de Il teatro degli orrori con l'amico K. e la
Divara -in questo senso 10 euro molto ben spesi- e gettandomi con quest'ultima in zona rossa tra omoni ubriachi che pogavano tutti sudati, assestandoti gomitate nelle costole, spintoni e quant'altro - quindi, cara Divara, ti ringrazio per aver condiviso con me quel momento catartico) oppure farmi piangere. Il bello è che l'unica che riesce a farmi piangere disperatamente (sì, ok, amico K., una volta ci sei riuscito anche tu mentre eravamo al ristorante cinese e mi hai detto che
dopo le ultime relazioni, mi ero svalutata come donna, ma non conta, perché non avevi la consapevolezza dell'orrore di ciò che stavi dicendo) sono io stessa.
E quindi vi dico senza vergogna (sento già le sirene della neuro, non fa niente): ma lo fate anche voi il giochino di pensare a qualcosa che vi faccia piangere e addormentarvi per sfinimento col cuscino bagnato, la sera, quando siete a letto? E a cosa pensate?
Io ve lo racconto anche se so che c'è qualcuno che mi deriderà. Negli ultimi mesi ho un ricordo che mi strazia, soprattutto perché mentre sono sotto al piumone, al buio, caldo, lo associo a
questa canzone, ed è questo ricordo:
Dicembre 2009 - visita natalizia all'Ikea con i miei cugini. Lui 6 anni, acuto, riflessivo (ascoltando il
Claire de lune di Debussy, un paio d'anni fa, esclamò malinconico "ma perché le cose tristi sono anche le più belle?", togliendo ogni dubbio sull'appartenenza a un certo ramo depresso-contemplativo della mia famiglia), allo stesso tempo ironico, solitario, responsabile (pure troppo), lei 4, esplosiva, socievole, iperattiva, rumorosa, distratta (pure troppo). Lei corre allo Smaland, lui non ci vorrebbe andare ma non lo dice perché si vergogna della propria timidezza, quindi per un po' gironzola circospetto prima di entrare, poi un ultimo sguardo, ed entra. Alto e lungo come un fuso, con la pelle bianca, i capelli e gli occhi nerissimi. Sua sorella, biondina con la guance rubizze di Heidi, sta già prendendo a calci gli altri bambini e si esibisce in sgangheratissimi carpiati nelle palline di gommapiuma.
Ed è allora che lui si avvicina con gli occhi giganteschi e liquidi alla vetrata che divide la zona bambini dall'esterno. Per gioco, qualche giorno prima, gli abbiamo insegnato l'alfabeto muto e gli è piaciuto tantissimo, allora gli dico a gesti: torniamo tra mezz'ora, non piangere.
E lui da dentro ricaccia indietro le lacrime, e con le sue mani da pianista, velocissimo, ci dice:
non ti preoccupare, non le faccio mettere la testa sotto le palline di gommapiuma.
Scusate, annego.
Io non lo so mica se ce la farò, senza psicofarmaci, a mandare i miei figli all'asilo.