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Chi si è sottoposto all'esperienza del sabato pomeriggio al centro commerciale, sa che un elevatissimo grado di alienazione è
condicio sine qua non per l'epifania-del-consumatore-fallito. E infatti ieri me ne andavo in giro per questa ennesima cattedrale nel deserto, accecata dalle luci al neon e resa vagamente nevrotica dal ronzio degli sconosciuti, estranea a tutto e a tutti come non mai, quando ho avuto la mia
intermittenza del cuore settimanale.
Al peggio non c'è mai fine.
A un certo punto sento una musica nota, che presumibilmente innesca in me ciò che le madeleine innescavano in Proust (lo stesso processo sputato): la musica di Veline.
Ora. Io ho sempre odiato le veline, (quelle di quest'anno, poi, sono le più puttane di tutte), Striscia non mi ha fatto mai ridere, il Gabibbo per me è uno stronzo e a Mammuccari strapperei volentieri a morsi le palle, ammesso che ce le abbia.
Questo per dire quanto io apprezzi tutto ciò che ruota attorno a Ricci.
Quello che fino a ieri non sapevo, è che meno di Veline, avrei potuto apprezzare solo le SELEZIONI REGIONALI DI VELINE.
Dunque. Selezioni regionali per aspiranti veline di striscia: un piacione di mezza età, ex latin lover, ex volto noto per aver fatto televendite di materassi su televisioni regionali, ammicca e palpa delle 20enni analfabete di paesini dell'interland barese di 2000 anime che si cimentano in una serie di improbabili stacchetti e ammiccamenti vestite come delle tamarre degli anni '80.
Una duplice affronto etico-estetico per chiunque abbia, non dico coscienza e gusto, ma anche solo un paio di occhi. Perché quello che spesso non consideriamo è che, per quanto faccia schifo già di per sè il meccanismo di mercificazione del corpo femminile alla base di show come Veline, fa ancora più schifo se il meccanismo di mercificazione riguarda un corpo femminile corto, tracagnotto e simile a un cotechino. E non è una faccenda solo estetica. E' che è lì che senti lo stridore insanabile tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, tra come siamo veramente e come gli standard ci impongono di essere, e la consapevolezza ti colpisce allo stomaco.
E' lì che capisci che una ragazzina 18enne tondetta e goffa che alle 3 di pomeriggio indossa un abito in latex che le blocca la circolazione, delle zeppe da 15 cm, calze a rete e trucco pesante, e va a dimenarsi su un cubo, non è solo un brutto spettacolo, è uno spettacolo sbagliato, soprattutto se condito da musica rimbombante, battute a sfondo sessuale, e un pubblico di uomini di mezza età che sbava a ogni ancheggiamento mentre le mogli fanno shopping tranquille nei negozi. Sbagliato. Punto.
E' lì che hai l'epifania: senti tutto lo squallore, il brutto, il grottesco. Senti che siamo una società che ha puntato tutto sulla spettacolarizzazione e l'esteriorità, e che forse dopo il 13 le cose peggioreranno. Che se Olindo e Rosa scrivessero un libro, le case editrici farebbero a gara per pubblicarglielo. Che i rapporti coniugali per andare avanti devono basarsi in qualche misura su una mutua ipocrisia.
Senti che se per te il confine tra giusto e sbagliato è in questo caso quanto mai nitido, mentre ben più labile il limes tra il divertirsi col proprio corpo e lo svendersi, per le aspiranti veline questo tipo di problemi non si pone affatto, perché in quel momento nel loro cervello c'è il vuoto pneumatico. Hai pena per loro.
E quindi capisci: non solo il mondo è tutto sbagliato. Sei pure diventata una vecchia moralista rompicoglioni.