Una delle fonti di gioia date dal vivere con un dipendente pubblico è senza dubbio la presenza, nelle nostre vite, di un buono pasto giornaliero di importo talmente elevato da renderne impossibile l'utilizzo in una solitaria pausa pranzo.
Il suddetto buono pasto, raccolto in amabili pacchetti da dieci e rigorosamente amministrato dalla sottoscritta (che al momento in cui scrive, ne tiene sotto chiave almeno quattro pacchetti), è diventato in questi mesi una sorta di passepartout per esosissime spese da Naturasì e altri supermercati succhiasangue, composte da prodotti fichissimi e inutilissimi che in effetti non ci riempivano la pancia.
Preda della mania del risparmio, l'espropriato dai buoni pasti ha deciso che si sarebbe occupato lui stesso della spesa settimanale, regalando a questa relazione una svolta salutista decisamente inquietante, il cui massimo momento di brio per il palato va ricercato nelle tristissime chips di crusca.
E se pensate che sono incinta, e fosse per me in questo momento mi nutrirei di ovetti kinder, involtini primavera, fragole e gelato al pistacchio, capirete che bel dramma.
Se ne parla qui, sull'uscita marzolina di Wu Magazine.