Salgo sul regionale Bologna-Parma delle 15.52 con enorme anticipo, dopo aver perso per qualche istante quello immediatamente precedente, e scocciata alla prospettiva di trascorrere un'ora in un treno gremito, mi siedo ai posti vicini alla porta. Guardo il vagone riempirsi di matricole che rientrano ad Anzola, Samoggia, Rubiera e chissà quali altri ameni paesini emiliani dopo le lezioni, sperando vivamente che nessuno di loro si azzardi a venirsi a sedere vicino a me, e devo proprio emanare un'aura di negatività dirompente, perché nessuno si siede, e gli altri due posti restano liberi per un bel po'.
Poi si apre la porta del vagone, alzo distrattamente lo sguardo, immaginando un altro ventenne coi pantaloni calati a rivelare lo sleep di Calvin Klein, e vedo Lui.
Lui avrà un po' più di sessant'anni ed è un incrocio perfettamente riuscito tra Funari, Bob Dylan, Mordecai Richler e Enrico Berlinguer, con i capelli bianchi lunghetti e una barba corta poco curata. Lo guardo deliberatamente, anzi, ci guardiamo, anzi, vi dirò di più, i nostri occhi, dello stesso identico colore, si annodano per quel secondo necessario a farci sorridere entrambi e ad assicurarmi che quel signore meraviglioso (e meravigliosamente distante da me di una generazione) si sarebbe venuto a sedere proprio lì di fronte.
E così è. Lui si siede, il treno parte e la mia curiosità pure. Con quest'uomo io ci devo parlare a tutti i costi. In lui, quasi quarant'anni più grande di me, riconosco per assurdo un simile: uno sguardo che si posa sfrontatamente sulle cose, un certo tipo di sorriso obliquo e malcelato che si apre in una risata repentina, certi tarli in testa che sono uguali a trent'anni come a sessanta. Quindi tra uno sguardo e l'altro, decido che ok, per un'ora e solo per un'ora posso invaghirmi di quest'uomo meraviglioso che non siamo neanche partiti e già mi chiede di dare uno sguardo al libro della Ortese che ho in mano, con cui a Modena ci ritroviamo a parlare di Thomas Mann, a Reggio Emilia siamo già al maledetto desiderio di libertà mai sopito -in tutto questo ha la fede al dito e sull'argomento "moglie" glissa sardonico- e al suo peregrinare tra una casa sul mare a Reggio Calabria, l'infanzia napoletana, la gioventù romana, e non si sa quale tipo di legame con Parma, a Sant'Ilario ho capito che è un cazzaro conclamato ma lo sono anche io e mi piace anche per questo e son già pronta a giurare che se solo avessi vent'anni in più, sarei sua quando si dice interessato alle nuove leve della letteratura, citandomi un autore poco più che trentenne che ha pubblicato, a suo dire, un libro molto interessante e intenso sulle ansie dei trentenni (che argomento inusuale, dico ora a mente lucida, ma lì per lì ero troppo affascinata da come muoveva le mani e dal suo accento ibrido) con un editore bolognese ignoto persino a me che fino a poco fa vivevo a bologna e lavoro nell'editoria.
Al che mi sento in dovere di dirgli che ok, leggo la Ortese e amo Mann come lui, ma anche io sono attenta alla letteratura contemporanea e agli autori esordienti, tant'è che ho, guarda caso, appena letto un libro intitolato Se son rose di un bolognese di nome Massimo Vitali. Ometto di dire che il Vitali è uno dei miei migliori amici, anche perché lui sembra più interessato a fissarmi dritto in faccia che ad ascoltarmi, e nel frattempo siamo a Parma e scendiamo dal treno.
Sappiamo entrambi che è tutto finito ed è giusto così, ma non ci neghiamo un sarebbe bello se capitasse di rivedersi in centro. Una stretta di mano forte e asciutta, mi dice il suo nome, si stringe nel cappotto a doppio petto blu e lo giuro, non lo dico solo per gusto letterario, svanisce in questa dannata nebbia fittissima che ricopre da giorni la cittadina emiliana.
Torno a casa, racconto entusiasta di questo incontro al fortunato uomo che vive con me e finisce qui.
No, non è vero. Stamattina ci penso e mi dico, com'è che una persona estranea all'ambiente editoriale mi suggerisce un autore sconosciuto che ha pubblicato con un editore sconosciuto?
Io stessa ho suggerito un autore bravissimo, ma che è pur sempre uno dei miei migliori amici.
E allora mi si illumina tutto: è il padre di questo autore. Un rapido controllo su internet mi rimanda alla pagina FB del figlio scrittore, bacheca aperta, ritrovo le stesse origini calabresi, napoletane e romane trapiantate in emilia, e un indirizzo email.
Ora non so, c'ho pensato di scrivere al figlio in modo che rendesse noto al padre che non sono un'ingenuotta qualsiasi, e che ho capito presto che c'era un legame di sangue a unirli, ma non credo lo farò.
E' bello che un padre sia orgoglioso di un figlio scrittore ma, nella mia fantasia, questo aspetto così umanamente quotidiano non era contemplato. E probabilmente non lo era neanche nella sua.
E per una volta Trenitalia è servita a realizzare una fantasia, foss'anche per sessanta minuti.